giovedì 29 marzo 2012

Trinacrian cementi: pizzini, affari e new town


Mafia, cemento, arresti, sequestri, aziende e appalti, associazioni a delinquere, frode in pubbliche forniture, profitti illeciti, assenza di servizi e disastri ecologici, speculazione edilizia, cementificazione: catena lessicale che violenta la storia del “sistema ambiente Sicilia” dal dopoguerra a domani. Il cemento, la “civiltà del cemento” assorbe in un vuoto identitario la nostra storia, le nostre tradizioni, la nostra ecologia, la nostra economia. 

Palermo, quartiere Brancaccio, foce del fiume Oreto
            
Cementificare vuol dire solidificare, ma è una traduzione apparente, cementificare vuol dire appesantire, separare, negare, alienare; perché c’è differenza tra la pietra e i pezzi in arenite, il forato e il cemento armato: ad ognuno corrisponde una civiltà, un’umanità e un futuro differenziato. Vivere in una casa in pietra, in un terzo piano abusivo o al decimo piano di un cubo armato non è la stessa cosa. Se provassi a decifrare il mio paesaggio, come realtà partecipata, come eredità del passato affidata alla nostra responsabilità, non potrei fare altro che inorridire dinnanzi a quel “consenso” che ha stretto, come in una morsa, collettività e industria, economia e mafia. 

Palermo, quartiere Brancaccio
 Sono cresciuto in un quartiere dove ho visto cambiare prima le case e poi la gente. Giocavo da piccolo all’ombra di case che crescevano in altezza notte dopo notte sotto il nome del dio forato, poi un’altra notte, quella del terremoto e l’arrivo del cemento “sicuro”. Vidi allora per la prima volta scendere da un elicottero, tra la polvere di un campo di calcio, Bertolaso. Una microstoria che sarebbe diventata l’antefatto di un’indagine sul vissuto, una critica alla cultura egemone. 

Catania, uno dei palazzi di Librino
 Meno di un anno fa, "Doppio colpo", l’indagine seguita dai carabinieri e dalla guardia di finanza di Caltanissetta che ha interessato Sicilia, Lombardia, Lazio ed Abruzzo, ha disposto fermi per alcune figure ai vertici «di "cosa nostra", accusati dei reati di associazione mafiosa e illecita concorrenza con violenza e minaccia e alcuni dirigenti della Calcestruzzi s.p.a. di Bergamo, che devono rispondere di associazione per delinquere e frode in pubbliche forniture. Il provvedimento ha colpito beni per 5,5 milioni di euro e ha imposto sigilli ad un indotto industriale che va da Polizzi Generosa, Riesi, Campobello di Licata, Mussomeli, Caltanissetta, Gela a Bronte. 

Catania, veduta di Librino dallo scorrimento elevato

Dal report di Legambiente si apprende invece che: «La Lombardia, come aziende confiscate (205) è la terza regione d’Italia, dopo Sicilia (561) e Campania (317). E Milano, con 190 immobili sottratti ai clan, è la quinta città d’Italia, dopo Palermo (1924), Reggio Calabria (245), Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania (230) e Roma (209). Come ha sottolineato lo stesso Presidente della Commissione parlamentare antimafia Beppe Pisanu, in occasione della Relazione di metà legislatura (maggio 2011), non c’è alcun dubbio sul fatto che le mafie hanno oramai «il loro portafoglio al Nord». Nell’anniversario del bel paese il cemento unifica l’Italia più di Benigni e di ogni altra ideologia: mafie e imprese del nord e del sud, sono complici di un sistema edilizio e un’idea di sviluppo che diventa ecomafia nazionale. 

Caltanissetta, i palazzi adiacenti il Tribunale e Viale della Regione
Non c’è da stupirsi,  c’è una linea di pensiero, un’evidenza politica e un’assenza di civiltà, così come hanno detto e denunciato negli ultimi decenni gli insabbiati Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Giuseppe Impastato, Mario Francese, Giuseppe Fava, Pier Paolo Pasolini e di recente, anche al di là della  “linea Gotica”, Giovanni Tizian. A calmare gli umori non servono le parole istituzionali di Beppe Pisanu, professionista del potere e responsabile anch’egli di una politica che sin dal dopoguerra ha alimentato violenza, corruzione e speculazione: deputato di Forza Italia e P.D.L. ex ministro degli Interni, ex D.C., più volte sottosegretario di stato al Tesoro e alla Difesa, massone della P2 e coinvolto nello scandalo del Banco Ambrosiano, nei brogli elettorali delle politiche del 2006, nel caso calciopoli, non ultimo eletto l'11 novembre 2008 presidente della Commissione Parlamentare Bicamerale Antimafia su indicazione dei Presidenti di Camera e Senato. Cos’altro ha da dire? 

Calatanissetta, le architetture di Viale della Regione
Se non si comprendono i moventi e gli scambi di una zona grigia, come il cemento, della politica italiana che intreccia partiti, finanza, massoneria, mafie e imprese, difficilmente potremo capire il riciclaggio pluridecennale della stessa classe politica che ci ha impoveriti, impauriti e obbligati a vivere in caserme al cemento, in periferie desolanti lasciate al libero arbitrio della criminalità, in città sempre più malsane e prive di storia. 

Calatanissetta, le architetture di Viale della Regione
Librino e il suo “palazzo di cemento”, Brancaccio e lo Zen, sono solo gli esempi urbanistici più conosciuti di una prassi meridionale fatta di varianti progettuali, abusivismo, edilizia popolare, speculazione, riciclaggio, cattiva gestione amministrativa del territorio; una prassi che genera degrado sociale, dispersione scolastica, alienazione umana tra carcasse, ferraglie arrugginite, asfalto, randagi e tralicci dell’alta tensione. Non ultimo: bacini elettorali sicuri e di facile controllo. 

Agrigento, i palazzi che hanno cancellato l'impianto medievale
 Con il cemento e nel suo nome si disegna un’idea di modernità scandalosa che recita, senza alcuna esitazione, la precarietà del pensiero ecologico e la sicurezza dell’invaso al metro cubo. All’ombra dei palazzi giace l’ombra della democrazia: questa è protezione civile. Modernità, pizzini, e new town, modernità, pizzini e metropolitane, così a Palermo, così a Catania, basta collaborare: se in un primo momento, i boss palermitani avevano imposto uno stop alle cosche catanesi, la mediazione di alcuni capimafia vicini a Provenzano, ha fatto si che i catanesi contribuissero con gli appalti di Bagheria e Villabate. A sua volta l’elefantino sotterraneo è il più lento e il meno efficace nella storia dei cantieri specializzati: «solo 3,8 i chilometri realizzati e 6 le stazioni a Catania tra il 1987 e il 1991 (la tratta è però entrata in esercizio nel 1999, dopo 12 anni dall’inizio dei lavori) che diventeranno meno di nove nel 2012, anno previsto per la consegna delle tratte attualmente in fase di costruzione». Chissà perché, forse la stessa storia di varianti e invasi al metro cubo avrà conquistato gli inferi? Qui non c’è razzismo, c’è comprensione del diverso, questa è democrazia.

Costruzioni sulla Agrigento Palermo

Porto Empedocle, edifici in cemento abbandonati

Ragusa, cementificio in pieno centro

Testo e foto Santo Mangiameli

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