lunedì 2 dicembre 2013

Novecento nero: una storia da raccontare.




"Era la metà degli anni settanta. L’Africa entrava nel suo ventennio più buio. Guerre civili, rivolte, colpi di stato, carneficine, e con essi la fame per milioni di abitanti del Sahel (Africa occidentale) e dell’Africa orientale (soprattutto Sudan, Ciad, Etiopia e Somalia): questi alcuni tra i sintomi della crisi. L’epoca piena di promesse e di speranze degli anni cinquanta e sessanta era finita. A quel tempo la maggior parte dei paesi del continente si era liberata dal colonialismo, iniziando un’esistenza di stati indipendenti. Politologi ed economisti di tutto il mondo erano convinti che la libertà avrebbe automaticamente portato con sé il benessere, trasformando l’antica miseria nel regno dell’abbondanza. (…) Ma le cose erano andate diversamente. I nuovi stati africani erano diventati il teatro di accanite lotte per il potere, dove tutto era stato messo a profitto: conflitti etnici e tribali, forze militari, tentativi di corruzione, minacce di omicidio. Nello stesso tempo, i nuovi stati si rivelavano deboli, incapaci di espletare le loro funzioni fondamentali. E tutto questo nel contesto della guerra fredda, che Oriente e Occidente avevano esteso anche al continente africano. Una guerra le cui caratteristiche furono l’assoluta ignoranza dei problemi e degli interessi dei paesi deboli e dipendenti; il trattare i loro drammi e vicende solo in funzione dei propri interessi di grandi potenze; infine, il negare loro qualsiasi peso e significato autonomo. A tutto ciò si aggiungeva l’ormai tradizionale boria e arroganza eurocentrica nei confronti di culture e di società non bianche."

Ryszard Kapuscinski, EBANO.

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