sabato 21 febbraio 2015

Novecento nero: come un cavallo a dondolo sul New York Times

 Cracovia. Al centro del vecchio quartiere di Kazimierz, a due passi da Remuh, la vecchia  sinagoga, dopo      
  settant'anni riaprono i negozi e ristoranti Kosher con le insegne in lingua ebraica.
  


Il 23 agosto 2014 centinaia di ebrei, sopravvissuti all'Olocausto, sulle pagine del  New York Times,  hanno dichiarato di essere "allarmati dall'estrema e razzista disumanizzazione dei palestinesi da parte della società israeliana", definendo "genocidio" quanto sta accadendo a Gaza. 
Dal New York Times:
In qualità di ebrei sopravvissuti e discendenti di vittime del genocidio nazista, condanniamo inequivocabilmente il massacro dei palestinesi a Gaza e la continuazione dell'occupazione e colonizzazione della Palestina storica. Altresì condanniamo gli Stati Uniti per fornire a Israele i finanziamenti necessari ad attuare l'attacco, nonché i paesi occidentali più in generale per usare il loro peso diplomatico al fine di proteggere Israele da condanne. I genocidi cominciano col silenzio del mondo. 

 Cracovia. Oltre Kazimierz, oltrepassata la Vistola, in via Lipowa numero 4, in piena periferia industriale  l’ingresso della fabbrica di Oskar Schindler. 
   
   
 Siamo allarmati dall'estrema e razzista disumanizzazione dei palestinesi da parte della società israeliana, che ha raggiunto livelli febbrili. Politici e opinionisti nel Times of Israel e nel Jerusalem Post hanno apertamente chiesto il genocidio dei palestinesi, mentre israeliani di destra adottano gli emblemi nazisti.
(...) Nulla può giustificare il bombardamento di rifugi dell'ONU, di abitazioni civili, di ospedali e di università. Nulla può giustificare il privare la gente dell'elettricità e dell'acqua.
Dobbiamo levare le nostree voci collettive e usare il nostro potere per porre fine ad ogni forma di razzismo, compreso il genocidio in corso del popolo Palestinese. Chiediamo l'immediata cessazione del blocco di Gaza. Chiediamo un completo boicottaggio economico, culturale e accademico di Israele. «Mai più» deve significare «mai più per tutti».





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