lunedì 10 agosto 2015

trinacrianspace: Kal’at al Bellut e il viandante malcapitato

“Le cose di valore del ricco sono la sua città forte, 
e nella sua immaginazione sono come un muro protettivo.” (Prov. 18.11).



Ci sono città invisibili; qualcuna lo è per fama e va bene così, altre sgomitano, quasi a nascondersi e a scalzare in celebrità le sorelle maggiori; ce ne sono altre, ironia del caso,  che non si arrendono al pensiero di esserlo per sempre. E’ per questo che l'invisibilità di una città sottintende un ragionamento ogni volta opportuno. C'è quella che splende di luce e quella sospesa per aria, l'altra ...... e l'altra ancora che .... .  Di tanto in tanto a un viandante un po’ meno distratto e con l’incertezza che è solita delle provinciali inerpicate allo spasimo, può capitare, oltre i tornanti, di arrivare in una piccola città, forse un piccolo paese o meglio ai piedi di un cumulo di case impolverate e  "accucuzzolate" che in cima a una montagna, sfidano l'incalzare delle tenebre. Come stelle a bassa quota, a un tiro di schioppo dalla fantasia, sembrano riempire il cielo con un segno di protesta e fendere il cuore del “malcapitato”. Certo, il tempo, la gente, quello che qualcuno chiama ancora progresso, le hanno dimenticate facendo sì che, senza lustro è senza fama, anch'esse, al pari delle altre, diventassero invisibili. 


Un’inquietudine sassosa, uno spaesamento geosferico, un'ignota incertezza avvolgono all'istante l'anima e il pensiero; ma a vederle meglio non si può che non sentire la fierezza indomita degli architravi incassati, concedersi al sorriso fiorito dei rosoni, intuire una certa leggiadria che rasenta la frivolezza ossuta e scarnita delle sagome a stucco e dei gesti impalcati nel capellone della Madonna della Catena. Dal cremisi al crepuscolo, il cielo è un frammento affrescato nel tempo. Poche parole al metronomo coi due turghimanni, un cortese sacrestano e un geomante muto; la sua ombra è ormai lunga sui miei passi, poi è notte. Come stella a bassa quota, a un tiro di schioppo dalla fantasia e adagiata sul mar d’Africa, questa partitura di pietre e anime vaganti, sembra riempire il cielo con un segno di protesta e fendere il cuore del “malcapitato”. Sul Gogàla, un vento inonda la rupe di echi ancestrali e tarsie intrecciano Camico, Cocalo, l'ospite Dedalo e la morte di Minosse, la resistenza degli schiavi a Triocala, le visioni mistiche di Ruggero il normanno, il vespro e Federico il buono, la terra di Lot e gli amanti Qabisi e Masuda, alle volute infinite di un bosco di querce; perché questa è  Kal’at al Bellut, la rocca delle querce, cifra misterica nel viaggio sicano. Ci sono città del tutto invisibili, altre che non si arrendono al pensiero di esserlo per sempre: tra queste Caltabellotta, città si fa per dire, accucuzzolata ancora oggi per la pace.




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